Cinema

Mixed by Erry

Storia nazional-popolare, raccontata da un cinefilo che si è dato alla commedia e ha divorato i film di Scorsese: questo è Mixed by Erry (2023) di Sydney Sibilia. Il regista di Smetto quando voglio (2014) deve avere amato sul serio le storie di ascesa e caduta rovinosa degli antieroi di Goodfellas, Casinò o The Wolf of Wall Street, visto che gli echi di quelle biografie sono continui e trovano a Forcella delle buone pareti su cui rimbalzare.

Il racconto si basa sulla storia vera di un marchio, gestito dai tre fratelli Frattasio, cui l’etnomusicologa Simona Frasca (Università degli studi di Napoli ‘Federico II’) ha dedicato un libro che ne ricostruisce il successo folgorante: tutto parte dalla passione musicale di Enrico (Luigi D’Oriano), detto ‘Erry‘, che lavora in un negozio di dischi e sogna di trovare un’occasione per diventare un grande deejay; il fratello Peppe (Giuseppe Arena), spigliato e col senso degli affari, ‘vo’ ffà o ‘bellill’, tenta la via del contrabbando, è il primo a sposarsi e diventa l’anima imprenditoriale del gruppo; Angelo (Emanuele Palumbo) è il più spensierato ma anche il più irrequieto, il primo a farsi la galera per aver difeso Erry da un bullo e di certo quello che ama di più la bella vita, tanto da passare per le strade di Forcella con la Lamborghini all’avvento del successo.

Unite le forze, i tre fratelli diventano i re delle cassette pirata di Napoli negli anni ’80 e fanno di Mixed by Erry la prima etichetta discografica in Italia: un fenomeno, insomma, che solo in quella città poteva trovare il suo terreno d’elezione per fare la Storia. Nel portare sullo schermo questo soggetto, Sibilia dimostra di possedere più un tono estetico che un senso personale della narrazione.

La sua sensibilità e cultura narrative, chiaramente d’importazione, non gli permettono di valorizzare a pieno il soggetto: ad esempio, non gli hanno consentito di mostrare degnamente la passione per la musica di Enrico, che non vediamo mai propriamente in veste di dj o nell’atto di missaggio delle sue cassette, così da dimostrare la sua conoscenza e la sua abilità in fatto di musica; né è specificato il fatto che, nella realtà, Peppe stesso respirasse e amasse la musica, tanto da avere la passione per il canto neomelodico ed esibirsi, richiestissimo, alle feste di conoscenti e amici.

In questo film che dovrebbe essere una storia su come la musica non possa essere fermata, c’è piuttosto un’attenzione per l’aspetto economico della vicenda, per il contante più che per la musica in sé, il contesto o la psicologia dei fratelli. Non si sviluppa, cosa che sarebbe stata bella, profonda e interessante da approfondire, neanche l’analisi di Napoli in quanto mondo a sé, luogo che l’Italia statale e contemporanea desidera piegare e non comprendere, comandare e non valorizzare in forma dialogica o empatica.

Forse questo aspetto sociologico è troppo da chiedere a Sibilia ma la storia dei fratelli Frattasio è legata ad un luogo, una matrice da cui essi sono spiegati e valorizzati: senza il fattore della napoletanità, della cultura assorbita a Forcella, le loro vite non avrebbero avuto questo slancio di genio.

Napoli è parte di loro e loro sono parte di Napoli: la loro storia è un racconto di simbiosi con un luogo almeno quanto una vicenda di passione e successo degna di un doveroso studio socioeconomico. Le è solo mancato un narratore capace di capire e comprendere dall’interno, qualcuno che avesse uno sguardo di ‘nativo’, non per forza napoletano ma quanto meno ‘italiano’, qualcuno più ‘all’interno’, più cosciente del contesto, delle sue dinamiche e sfumature.

Nondimeno, Sibilia si riconferma un ottimo direttore di attori, spingendo per una caratterizzazione che dà all’insieme un’energia fortissima e una grande carica di simpatia. Ilsuo è un film agile, scattante, in cui il ritmo, compensando la scarsa originalità della struttura, viene prima di tutto e i comprimari, in un contesto di eccezionale bravura attoriale, non sono meno valorizzati dei protagonisti.

Come una delle cassette che compaiono dall’inizio alla fine della pellicola, Mixed by Erry riesce pertanto nel suo intento di far ricordare con trasporto e risate il periodo narrato, facendosi piacere pure da chi non conosce la Napoli del tardo Novecento.

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