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Intervista a Vincenzo Profeta

Il primo video della serie di Interviste del blog antoniocanzoniere.it è stato dedicato, con grande piacere, a Vincenzo Profeta (1977), pittore e pilastro con Marco Leone Barone del Laboratorio Saccardi. Recentemente, Vincenzo ha esordito come scrittore con La Palermo Male, edito da GOG edizioni. Il libro è un flusso di coscienza dal ritmo ossessivo e magmatico, dove pensieri del protagonista ed episodi narrativi si fondono totalmente in un’esperienza di lettura trascinante.

Lo stile del libro è di una fluidità non raggiungibile attraverso un processo di scrittura metodico: i pensieri paranoici dell’io narrante sono intrecciati splendidamente gli uni con gli altri senza mostrarsi congegnati o costruiti, il trapasso è sottilissimo. I passi narrativi, perdipiù, sembrano essersi formati naturalmente, come dei coaguli in un fluido, all’interno di una sintassi che ha i suoi riferimenti nella scrittura immediata e non curata dei commenti web e quella dei pensieri non ancora filtrati dalla cura del linguaggio imposta dalla narrativa. Un pensiero ricorrente nella lettura, per il ritmo stesso dato dalla costruzione delle frasi, è quanto sarebbe bello sentire il testo recitato: l’adattamento de La Palermo male potrebbe essere un’ottima scuola per un attore o un regista che voglia cimentarsi nel flusso di coscienza e creare, a teatro o in immagini, un’esperienza immersiva. Un riferimento importantissimo, per cercare una resa adatta per l’adattamento in un medium rappresentativo, sarebbero i cut-ups di Burroughs: in questo modo la sincronizzazione tra regista e libro avverrebbe splendidamente con la selezione e la valorizzazione dei passi da recitare ed immagini connesse all’atmosfera del libro, a questo Nigredo che Vincenzo Profeta ha saputo ricreare splendidamente, intrecciando la cultura del deepweb e il ritmo musicale di canzoni trap e rock, in un’estetica che però sembra più intimamente legata al noise per affinità elettiva. Nella cornice di una mente dedita alla paranoia, alla cospirazione e alla percezione dell’aria saturnina di una Palermo improntata al culto della morte, senza mai scordare l’eredità sanguinaria dei Fenici, l’autore cuce insieme al tutto dei pensieri acutissimi sullo stato dell’arte, delle relazioni, del mondo. Cosa ugualmente bella è infine il suo modo di mostrare, nelle pieghe dei racconti, una capacità grandissima nell’espressione della malinconia, degli aneliti dell’Io narrante e di una tenerezza che cerca i giusti oggetti a cui rivolgersi, non trovandoli che dentro la propria mente.

La conversazione (perché questa è stata, lontano dalla rigidità dell’intervista) è stata piacevolissima, avendo toccato non solo il libro ma anche le esperienze e i pensieri dell’autore in senso più ampio. Essendo questa la mia prima esperienza di intervistatore, spero che il pubblico e i futuri lettori del libro possano capire (in effetti si vede eccome) che emozione sia stata per me. Invito inoltre i gentili visualizzatori a cercare i lavori di Vincenzo che, oltre ad essere impegnato con il suo ultimo lavoro per il Saccardi, ha anche scritto per L’Intellettuale Dissidente e sta preparando un nuovo libro, dedicato ai graffiti, sempre edito da GOG. Buona visione (e lettura)!

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